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Stanchezza del terreno, scopri cause e rimedi

Succede nei fondi agricoli come negli orti: progressivamente, anno dopo anno, la produzione cala nonostante la tecnica di coltivazione rimanga la stessa. Questo è il tipico effetto di ciò che gli agronomi definiscono, apoditticamente, “stanchezza del terreno”, cioè una perdita di fertilità del suolo per cause non precisate. Vediamo nel dettaglio quali sono le sue cause e come porvi rimedio.
La stanchezza del terreno è un fenomeno più diffuso di quanto si possa pensare perché non sempre la riduzione di produzione è tale da allarmare l’agricoltore.
Le sue cause possono essere molte, sostanzialmente riconducibili a tre principali: riduzione nella disponibilità di elementi nutritivi; presenza di essudati radicali nel terreno; presenza straordinaria di patogeni e parassiti non visibili a occhio nudo.
Nell’agricoltura contemporanea, dove il livello delle concimazioni è sempre elevato, è difficile ascrivere la stanchezza del terreno a una mancanza di qualche macroelemento. Più facile, ma comunque raro, che si possa rilevare un’insufficiente disponibilità di uno o più microelementi. In questo caso la pianta manifesta una sintomatologia che permette di riconoscere la carenza nutritiva e porvi rimedio. Siccome è facile intervenire con le concimazioni con micro e macro-elementi, di fronte a una riduzione di vigoria della coltura, il tecnico consiglia questo genere di intervento che però raramente sortisce gli effetti sperati. Le radici delle piante instaurano rapporti molto complessi con il terreno. Ad esempio rilasciano sostanze per favorire lo sviluppo di microrganismi benefici ed emettono sostanze per “scoraggiare” lo sviluppo di radici da parte d’individui appartenenti alla stessa specie o a specie simili. Queste sostanze, dette allelopatiche, hanno talvolta una degradazione lenta e possono perdurare nel terreno per lungo tempo. Alcune specie coltivate sono, sotto questo profilo, più efficienti: fra le orticole, peperone, patata e in genere tutte le solanacee, fra i fruttiferi, melo, noce e le drupacee in genere, fra le infestanti, i Cyperus, il sorgo, la gramigna, fra le colture estensive le leguminose, anche se in misura minore rispetto alle precedenti specie.
La terza causa è riconducibile alla massiccia presenza di uno o più patogeni e parassiti delle colture. Il fenomeno è imputabile a una gradazione (cioè a un repentino aumento) di questi organismi dovuto alla reiterazione sullo stesso fondo della medesima coltura senza rispettare un congruo numero di anni prima di ripeterla. Questo è vero soprattutto per certe colture come il pomodoro, la patata, la barbabietola da zucchero, il tabacco ecc. cioè per quelle colture che annoverano molti parassiti specifici e aspecifici.

Come rimediare
Difronte a un fenomeno di stanchezza del terreno è importante individuare le cause che l’hanno generato. Il bravo tecnico, come il medico, inizierà ad indagare cosa si è fatto nel passato (anamnesi), esaminerà le radici delle piante e il loro colletto alla ricerca di possibili patogeni (nematodi? Funghi? …) e nella porzione aerea della pianta verificherà eventuali sintomi specifici. Poi formulerà una terapia, ma i rimedi in questi casi sono sempre “dolorosi”.
Il primo ineluttabile passo consisterà nel sospendere la coltivazione di quella coltura (o quelle colture) sulla quale la stanchezza del terreno ha manifestato con maggiore evidenza i suoi effetti. Il terreno però non va lasciato a riposo, tutt’altro. Infatti, il miglior rimedio è la sua coltivazione con colture idonee al caso. Utilissime le cover crops o colture da sovescio che però vanno scelte in modo oculato. Infatti, quando la causa è di origine biologica (nematodi, funghi, batteri, …) le specie coltivate non dovranno essere in grado di ospitare questi parassiti. Meglio se sono addirittura in grado di contrastarli, come i sovesci di brassicacee che agiscono con discreta efficacia contro i nematodi. Per alcune cause della stanchezza del terreno sono disponibili strategie di lotta biologica applicabili con costi contenuti. Per altre no.
Se non si può sospendere la coltura diventa inevitabile il ricorso a trattamenti chimici eseguiti al terreno, in genere con prodotti liquidi o solidi ad azione fumigante. L’uso di questi prodotti, che liberano nel suolo isotiocianati, sono soggetti a prescrizioni cogenti da parte della Comunità Europea. In questo caso, il ricorso ad attrezzature in grado di distribuire nei modi e nelle dosi corrette questi prodotti è fondamentale sia per il costo elevato del trattamento, sia per prevenire danni all’ambiente e rispettare le norme europee.
Il Mix Tiller è ancora oggi l’unica attrezzatura in grado di gestire e distribuire questi prodotti nel pieno rispetto delle regole (giustamente) imposte dall’Europa valorizzando la loro azione nel suolo. Va però ancora richiamata l’importanza della prevenzione. Entrambe le scelte di cura, biologica o chimica, non sortiscono effetti duraturi se non sono accompagnate da una revisione nella gestione del processo produttivo. Una intelligente rotazione delle colture è ancora il metodo più efficace per evitare e per rimediare a questo fenomeno.

Conclusione
In questo articolo abbiamo spiegato in cosa consiste il fenomeno della stanchezza del terreno, quali sono le cause che lo possono generare, quali comportamenti tenere per cercare di prevenirlo e, infine, come porvi rimedio. Come abbiamo anticipato, non sempre è evidente il manifestarsi di questo problema del suolo, poiché le variazioni di produzione possono anche essere minime. Il nostro consiglio è quello di mettere in pratica tutti gli accorgimenti possibili per prevenirlo ed effettuare controlli periodici sullo stato del terreno, in modo da accorgersi con prontezza dell’eventuale sua presenza e porvi rimedio.
Se avessi ancora qualche dubbio a riguardo o volessi ricevere maggiori indicazioni sui rimedi per questo fenomeno, non esitare a contattarci. Il nostro team di esperti Rinaldi sarà felice di darti tutte le informazioni di cui hai bisogno.